Credevo

È uscita adesso un’intervista, risalente a metà maggio, a proposito della mia foto vincitrice del contest Letizia Battaglia – Persone.
Alla fine di maggio, la persona che avevo fotografato – un uomo raro per verità e umanità – ha perso la vita in montagna.

Ora questo articolo mi lascia smarrita, tanto più che inizia con la frase di Nan Goldin che tanto mi è di ispirazione: «Credevo che non avrei perso nessuno, se lo avessi fotografato».

È il momento di reinventare

Se il 2018 è stato l’anno della rivolta, il 2019 dovrà essere l’anno in cui ci rendiamo conto che dobbiamo cambiare il nostro modo di fare business, dice Sunita Narain, ambientalista indiana tra le più influenti a livello mondiale. Dal numero 16 de «La ricerca», “Pianeta Scuola”.

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«The ocean, over there», dal progetto #MariAperti
Sandwich Harbour, Namibia, 2009
© Donata Cucchi

«Fotografia, metamorfosi, ritratti e altre stregonerie» di Veronica Ceruti

 

L’albero è un essere che memorizza. Tutte le azioni compiute e le impressioni ricevute costituiscono la sua struttura e sono rintracciabili al suo interno. Ciò è straordinario ed esemplare e ci può riportare metaforicamente alla realtà dell’uomo e al senso della sua stessa vita. Giuseppe Penone

«In un articolo del 1929 intitolato La figura umana Bataille scriveva che “conviene ridurre l’apparizione del me a quella di una mosca sul naso di un relatore”. Ma se la trasformazione o la metamorfosi delle forme apre la possibilità dell’in-forme, essa alimenta al contempo la forza di una figura, di una presenza sorpresa nell’assenza, di un passaggio, di un sogno.

Donata Cucchi si ritrae, ma non afferma se stessa, dissolve i contorni dell’Io, è ritratta, si ritira mostrandosi, fa ritirata in seno alla sua propria manifestazione e delega all’albero il proprio nitido riflesso.

Il ritratto in quanto sostituzione implica, almeno momentaneamente, l’assenza del modello e quindi, virtualmente, la sua morte. Non si contano le molteplici riflessioni ispirate da questo assentarsi consustanziale all’immagine, soprattutto dall’invenzione della fotografia, fin dalle sue origini percepita come un misterioso intreccio fra tecnica e magia. È il processo fotografico stesso a porsi come stregonesco: alchimia che si svolge in un antro buio e vietato ai non adepti, tecnica che combina ottica e chimica per conservare l’immagine sensibile prodotta dalla luce e farla infine riapparire, attraverso la stampa, come una nuova impronta del mondo. Ben oltre la semplice riproduzione della cosa, la fotografia reinventa la realtà a partire dalle sue apparenze; la lente dell’obiettivo offre un nuovo sguardo, rivela nel quotidiano, così come nelle forme naturali, una magia di cui prima eravamo inconsapevoli.

L’artista sperimenta, come sciamano pone in immagine un mondo al contempo nascosto e disvelato.

Cucchi si ritira nell’abisso del suo ritratto ed è nell’albero che risuona l’eco di questo ritiro; è un passaggio transgender fra generi artistici, dal ritratto al paesaggio, epidermide e corteccia, ventre fertile e germoglio, vertebra e ramo, ferita dell’animo, nodo nel legno. Nelle sue immagini, le stagioni della vita umana e naturale perdurano, cristallizzate, immortali, dolcemente noncuranti dell’immanenza terrena».

Veronica Ceruti sulle opere della serie «Le Metamorfosi» esposte nella collettiva «Upon Reflection» alla galleria B4 di Bologna dal 22 giugno al 27 luglio.

Ph. Donata Cucchi: «Futura», 2017; «i giorni», 2017.