È il momento di reinventare

Se il 2018 è stato l’anno della rivolta, il 2019 dovrà essere l’anno in cui ci rendiamo conto che dobbiamo cambiare il nostro modo di fare business, dice Sunita Narain, ambientalista indiana tra le più influenti a livello mondiale. Dal numero 16 de «La ricerca», “Pianeta Scuola”.

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«The ocean, over there», dal progetto #MariAperti
Sandwich Harbour, Namibia, 2009
© Donata Cucchi

E intanto

Mentre MariAperti si lascia dietro un riverbero di telefonate, sorrisi e stampe richieste, io festeggio tra me e me la fine di questo bel progetto, ciò che mi ha insegnato, la bellezza che ho visto passare dalle opere a chi le ha cercate, apprezzate, sentite.

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(E intanto, per caso, una sera di queste nasce l’idea per un progetto nuovo – “che cossè l’amor” si chiamerà – dove l’amore sarà incarnato da due inseparabili poltroncine da cinema e avrà molto a che fare con l’evocazione della sua mancanza).

gli piaceva e se l’è portata via

«Ti ho venduto una foto, spero non ti dispiaccia».
«Ah!»
«Stamattima, è venuto un signore, gli piaceva e se l’è portata via».
«Quale?»
«Quella dietro l’angolo».

Cioè questa:

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«Mari Aperti». Wasteland, Namibia (2009).

E fu così che, con l’acquisto di «Mari Aperti», si concluse la mostra MariAperti, in una pallida fredda luminosa giornata di ottobre.

Quel confine tra noi e quello che ci inghiotte

Quel confine tra noi e l’Oltre, volevo scrivere. No, troppo religioso. Tra noi e la Cosa. Mh. Una frontiera? Quella è connotata, oggi come oggi, è esatta. Tra noi e la vita? Indifferenziato, generico. E ancora. Cos’è quel mare? Quanto piccole sono le figure sulla riva? Cosa fanno, che si aspettano?
Quel mare, quel mare ci inghiotte.

11«Bordi». San Francisco, California, US (2008).

le opere non hanno didascalie

Fissate su cartone, un filo di spago le aggrappa, sul muro, ai chiodi.
Bello sarebbe stato su quel cartone scrivere, con una matita grassa, quello che delle opere resta da dire: il loro nome (ce l’hanno); il luogo di scatto, l’anno; le dimensioni; il costo; insomma, le didascalie. Però non so disegnare – il che  si porta anche, in un certo senso, l’assenza di una calligrafia bilanciata, armoniosa, da riprorre su ogni pezzo uguale.