how far the morning leaps

«Portami il tramonto in una tazza
conta le anfore del mattino
le gocce di rugiada.
Dimmi fin dove arriva il mattino –
quando dorme colui che tesse
d’azzurro gli spazi.

Scrivimi quante sono le note
nell’estasi del nuovo pettirosso
tra i rami stupefatti – quanti passetti
fa la tartaruga –
Quante coppe di rugiada beve
l’ape viziosa.

E chi gettò i ponti dell’arcobaleno,
chi conduce le docili sfere
con intrecci di tenero azzurro.
Quali dita congiungono le stalattiti,
chi conta le conchiglie della notte
attento che non ne manchi una.

Chi costruì questa casetta bianca
e chiuse così bene le finestre
che non riesco a vedere fuori.
Chi mi farà uscire con quanto mi occorre
in un giorno di festa –
per volare via – in pompa magna».

Emily Dickinson, 1859 circa, trad. di Gabriella Sobrino

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Crevalcore, dicembre 2017
© Donata Cucchi

inkiostro

È stato autoritratto, prima di tutto. È stato capelli, braccia, mani. È stato pelle.
È stato speranza, è stato guerriero.

Dendrite, petalo, cavillo e dettaglio. Luce e ombra, farfalla, moneta d’oro.

E adesso inchiostro. Sì, inchiostro nell’acqua è oggi l’albero mio, chiave di tutti i mondi possibili. Quando si dice: scegli una cosa, entraci dentro. Ché tutto può essere porta.

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© Donata Cucchi

tempi d’oro

– Ora andiamo, che la calura si è fatta più mite.
– Ma non è giusto pregare gli dei di qui, prima di incamminarsi?
– Come no.
– Caro Pan, e voi altri dei che siete qui, datemi la possibilità di diventare bello in ciò che ho dentro, e quel che ho fuori sia in armonia con ciò che ho dentro.
Ricco io ritenga il sapiente, e che io possa avere una quantità di oro quale non potrebbe prendere e portar via nessun altro, se non il temperante.

Abbiamo bisogno di altro, Fedro? Per me si è pregato nella giusta misura.
– Prega anche con me per tutto questo. Infatti, sono comuni le cose degli amici.

Platone, «Fedro»

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© Donata Cucchi