Le cose che restano vive

Quando si prende il largo restano vive solo le cose vive.

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Certe letture. Venezia che palpita da qualche parte dentro e fuori di me. Le affinità elettive. Gli affetti grandi, quelli dove il bene sta nel punto di incertezza tra la risata e le lacrime. L’arte con il suo rigore di vita e di morte. Il vino, ma solo il vino eccellente. L’odore che hanno le città in primavera, ciascuna il suo proprio. I ricordi d’infanzia. I ricordi di scuola. Quella volta a giocare a carte in un paesino sotto le Meteore. Il momento in cui dopo mille tentennamenti entri in mare anche con la testa e in quella sordità umida ritrovi l’utero di tua madre. Quando leggi qualcosa e ti viene da piangere. Far parte di un coro femminile che si è costruito con la pratica teatrale ma soprattutto con le cose fatte insieme, dal basso dei gesti e non dall’acuto delle parole. E altro.

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