In genere con un autocontrollo invidiabile,
Salvo quando era depressa e si ubriacava
Roberto Bolaño, La Francesa da Los perros romanticos
Barcellona 1998, trad. it. di Carmine Mangone
Bologna, marzo 2019
© Donata Cucchi
Non so cosa fa l'arte alle persone che la guardano, ma salva quelle che la fanno, Maurizio Cattelan (da «33 artisti in 3 atti», Sarah Thorton, Feltrinelli 2015)
In genere con un autocontrollo invidiabile,
Salvo quando era depressa e si ubriacava
Roberto Bolaño, La Francesa da Los perros romanticos
Barcellona 1998, trad. it. di Carmine Mangone
Bologna, marzo 2019
© Donata Cucchi
Bianca e Lucia.
Bologna, settembre 2018
© Donata Cucchi
Dal dicembre del 2017 ho iniziato a fotografare sorelle e fratelli di sangue, perché, tra i legami familiari, mi sembra quello più complesso e delicato. I fratelli e le sorelle possono diventare, nel tempo, anche persone assai distanti. Tuttavia, a unirli c’è l’esperienza di una prospettiva comune – buttati dalla stessa parte della barricata nel tempo arduo dell’infanzia – e queste fondamenta condivise non possono mai essere dimenticate.
Dal punto di vista artistico, che da adulti sorelle e fratelli non siano in genere più abituati all’auto rappresentazione mi sembrava una fortuna. Mi faceva sperare che la mia macchina fotografica potesse cogliere l’emersione sincera della loro relazione, e non la sua forma.
Bianca e Lucia.
Bologna, settembre 2018
© Donata Cucchi
Nel frattempo, sabato 1 dicembre, c’è stato questo.
«Ovunque proteggi», Ibiza, maggio 2018
© Donata Cucchi
Dal progetto fotografico MariAperti ~ Anche poster 50 x 75 cm ~ Per info: cucchid@tin.it
Namibia, 2010
© Donata Cucchi
«Verità vuole
che lei, colpo di vento
stesse al suo balcone
nel suo corpo
salivando e attendendo
ed io per parte mia
con un’orchestra
come sola buona compagnia
salissi per un bacio deflorato
per un tempo
neanche ben pagato
eh, io sì
io sì
sì
L’amore dura
quel che deve durare
consacrato e misurato
da un orologio elementare
ma io che ho caro quel che è mio
e la domanda come la risposta
vivevo tutto questo
come dietro ad una porta
solo un po’ discosta
Perché è così che la gente vive
perché è questo che la gente fa
perché è così che ci si insegue
per un morso di immortalità
è il meccanismo ottuso
di un orologio falsoamericano
che misura il tempo e tempo non c’è più
ma fermava il tempo se passavi tu
Verità vuole
che lei, labbra grosse
restasse impigliata alla mia bocca
più di quanto volesse
di questo mi ricordo
e poco d’altro
del suo sguardo
lampeggiante a ore
e che svanì dentro al mondo
sorridendo
come ricevuta dal Signore
La rabbia e l’amore
s’imparano gratis
se proprio non c’è niente altro
da dividersi
e noi
immobili nel cielo
lucidochimico
di una fotografia
perché niente è come niente
niente è un’orgia dolorosa
è tempo squadernato
e via
Ma è così che la gente vive
è questo che la gente fa
è così che ci si insegue
per un morso di immortalità
è il meccanismo ottuso
di un orologio falsoamericano
che misura il tempo e tempo non c’è più
ma fermava il tempo se passavi tu».
Ivano Fossati, «L’orologio americano», dall’album «Macramè», 1996
Frazione Goregge, Gubbio, agosto 2018
© Donata Cucchi
«Guarda, Tiresia: in cielo le stelle stanno come orme di passi di un uomo che cammina e cammina e cammina, se soltanto ha qualcosa da cercare».
Euripide, «Le Fenicie»
Frazione Goregge, Gubbio, agosto 2018
© Donata Cucchi
La gioia di fotografare un’amica che ha realizzato un progetto grande, che ha il coraggio di puntare forte: ritratto di Carla Latorre per lo spettacolo «Zarafina. Bianca come la libertà».
Regia: Valeria Vicentini.
Testo: Carla Latorre.
Interpreti: Carla Latorre e Valeria Vicentini.
Musiche: Gionata Carollo.
Costumi: Federica Gamba.
«Ci vuole un fisico speciale
per fare quello che ti pare
perché di solito a nessuno
vai bene così come sei
Tu che cercavi comprensione sai
ti trovi lì in competizione sai
Ci vuole un fisico bestiale
per resistere agli urti della vita
a quel che leggi sul giornale
e certe volte anche alla sfiga
Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai
anche per bere e per fumare
Ci vuole un fisico bestiale
perché siamo sempre ad un incrocio
sinistra, destra oppure dritto
il fatto è che è sempre un rischio
Ci vuole un attimo di pace
di fare quello che ci piace
E come dicono i proverbi
e lo dice anche mio zio
mente sana in corpo sano
e adesso son convinto anch’io
Ci vuole molto allenamento
per stare dritti controvento
Ci vuole un fisico bestiale
per stare nel mondo dei grandi
e poi trovarsi a certe cene
con tipi furbi ed arroganti
Ci vuole un fisico bestiale sai, speciale sai
può anche fare molto male sai
Ci vuole un fisico bestiale
il mondo è un grande ospedale
e siamo tutti un po’ malati
ma siamo anche un po’ dottori
E siamo tutti molto ignoranti sai
ma siamo anche un po’ insegnanti sai
Ci vuole un fisico bestiale
perché siam barche in mezzo al mare»
Luca Carboni, «Ci vuole un fisico bestiale», dall’album «Carboni», 1992
Grado, luglio 2018
© Donata Cucchi
«Essi sono, sempre, anche altrove; la loro mente, i loro talenti e le loro aspirazioni appartengono in larga misura, appunto, all’Aldilà, a quel versante dell’universo, cioè, in cui tempo e spazio hanno altre leggi, e l’intuizione corre più rapida e fa scoprire cose strane. A un certo punto della loro vita i La’awiyah potranno, per esempio, accorgersi tutt’a un tratto di sapere cose che non hanno mai imparato, o di ricordare avvenimenti che non hanno vissuto» (Igor Sibaldi).
Grado, luglio 2018
© Donata Cucchi